giovedì 23 settembre 2010

Storia della Rumba




Articolo pubblicato in
SALSATOSCANA.IT
(Il portale della Salsa in Toscana)

Per gli studiosi di storia della danza, il termine rumba indica qualcosa di più che un semplice ballo: identifica un genere musicale comprensivo di un insieme di balli. Nella lingua spagnola il verbo rumbear definisce un particolare modo di ballare, basato sui movimenti seducenti dei fianchi del bacino e delle spalle. Il 'rumbeare' è tipico di molti balli caraibici e latino-americani, antichi e moderni...

La rumba nacque a Cuba, dopo l'abolizione della schiavitù (1878). Grandi masse di negri lasciarono i campi, dove non possedevano alcun bene, e si trasferirono nelle periferie delle città, per organizzare una nuova vita. Costruirono accampamenti precari e squallidi quartieri, dai quali partivano per svolgere i più umili lavori nei centri urbani. Per questa gente, povera ma libera, la musica e la danza diventarono ben presto un modo di essere e di vivere, un modo di esprimersi, sul piano religioso, sociale e affettivo. Gli ex-schiavi non possedevano strumenti musicali. Per la produzione dei ritmi usavano di tutto:

maracas (zucche svuotate, con sassolini dentro),
marimba (rumba box: strumento di percussione),
claves (due bastoncini di legno percossi l'uno contro l'altro),
cassoni vuoti che fungevano da tamburi.

Quando mancava qualcuno di tali strumenti, la percussione era affidata a vari utensili e oggetti domestici quali bastoni, cucchiai, piatti di legno, ecc.

Sul piano coreico, il miscuglio delle figure inventate e mutuate da danze varie non fu inferiore a quello operato per gli 'strumenti' musicali. I danzatori innestarono elementi di balli africani su basi di habanera e su alcune figure di conga. Tendenzialmente preferivano i ritmi molto vivaci. Le parti cantate, improvvisate, avevano per oggetto la durezza e i sacrifici di una esistenza quantunque libera, perchè la povertà crea sempre un qualche tipo di schiavitù. Su basi musicali che si dispiegavano lungo un ventaglio ritmico molto ampio, dal lento al velocissimo, si alternavano tematiche di denuncia sociale legate alla quotidianità e problemi riguardanti l'amore, con le sue leggi eterne.

Mi piace qui riportare un concetto bellissimo dell'antropologo e storico della danza Curt Sachs, enucleandolo dal suo contesto (Cronologia dei primi strumenti): "I popoli, al pari degli individui, reagiscono in maniera differente alle emozioni. C'è chi risponde a uno stimolo emozionale da musicista, ossia cantando o sonando; altri con differenti maniere. Una reazione musicale è debole e improbabile presso gli esquimesi, robusta e pressochè sicura invece presso popoli negri, indipendentemente dal loro livello culturale".

L'architettura iniziale della rumba aveva tre parti distinte:
yambù. Era la parte riservata alla dama. La base musicale era molto lenta. La melodia era affidata al coro, mentre il tamburo dava il ritmo. La donna si muoveva in figure sensuali atte a presentare le sue virtù femminili e domestiche. I cavalieri si alternavano astenendosi da qualsiasi contatto fisico.

guaguancò. Era un vero e proprio gioco d'amore: su un ritmo più veloce il cavaliere girava attorno alla dama fingendo (o cercando) di allungare le mani verso le sue parti intime. La dama, a sua volta, girava in senso inverso per schivare gli attacchi del maschio. Al tempo stesso alzava i lembi della gonna ed eseguiva ripetuti movimenti di bacino in senso ondulatorio: era un vero e proprio rito propiziatorio collegato alla fertilità columbia.

Il ritmo diventava molto veloce: ballavano solo i cavalieri che dovevano dimostrare la loro virilità attraverso la capacità di resistenza e la fantasia creativa. Emergeva con tutta evidenza la rivalità con gli altri uomini nel 'colpire' e conquistare le donne. Il ballo si faceva pesante quando si arrivava alla prova dei coltelli: ogni ballerino si legava alle caviglie dei coltelli molto affilati e danzava secondo un ritmo crescente.

Ciascuna delle suddette parti è considerata, da una parte della critica contemporanea, un segmento di rumba. In pratica, la rumba si presentava come la somma e la sintesi di queste tre sezioni

Diversi studiosi preferiscono considerare ciascun segmento come un vero e proprio ballo autonomo, vista la differenza ritmica e contenutistica che intercorre fra di loro. Proprio questa impostazione avallerebbe il concetto di rumba come genere. Oltre alle suddette danze, infatti, sono riconducibili al cosiddetto ballare rumbero il bolero e il calypso (lenti) e la stessa bomba (più veloce) sviluppatasi a Porto Rico. E' anche dimostrato che il guaguancò preesisteva, proprio a Cuba, alla rumba.

Nella rumba delle origini, alcuni movimenti dei cavalieri furono considerati pericolosi (in effetti lo erano: es. la prova dei coltelli). Per quanto riguarda i movimenti della donna, essi furono ritenuti troppo licenziosi dalla borghesia e dalle classi dominanti. Per questo motivo la rumba rimase confinata, per un pò di tempo, nelle estreme periferie urbane e fra la povera gente.

Nella originaria ripartizione trifasica che ho riportato (yambù, guaguancò, columbia) erano presenti in realtà due anime diverse:

L'anima romantica, che ispirava le delicate e sensuali figure coreiche femminili, su ritmi molto lenti (yambù).

L'anima aggressiva, che ispirava, su ritmi veloci (guaguancò, columbia): i giochi d'amore, dove agli 'assalti' (corteggiamenti) dei maschi si contrapponevano le risposte ambigue delle femmine, oscillanti tra la dichiarata volontà di difesa e la nascosta, o malcelata, intenzione provocatrice;

Le competizioni tra maschi, caratterizzate dalla volontà di possesso e di accaparramento delle femmine, secondo il codice ancestrale stabilito dalla natura.

Queste due anime della rumba hanno dato origine a due diversi filoni musicali e coreici:

1. allo stile rumba/beguine;

2. allo stile caraibico

martedì 21 settembre 2010

Las conquistas de Norman





(texto y fotografía de Nury Arcia)

Por pura casualidad fui a la primera presentación en Italia de la obra teatral Las Conquistas de Norman, una trilogía cómica del escritor inglés Alan Ayckbourn puesta en escena por un grupo de jóvenes actores italianos, The Kitchen Company 2008, que se estrenara en el pasado Festival de Spoleto, Perugia. Digo por "pura casualidad" porque ha estado una amiga cubana a invitarme a esta puesta en escena a la que realmente le dije rotundamente que NO, es que no me supo explicar bien de que se trataba, algún conocido le había sugerido que no se perdiera esta obra y mis experiencias anteriores de lo que he visto aquí de teatro contemporáneo no me habían satisfecho para nada, generalmente abordan las historias con los estereotipos de la clásica familia italiana donde en medio de todo el conflicto está siempre una "Badante" (colaboradora doméstica) extranjera y proveniente de los países de Europa del Este, y en el peor de los casos la obra es toda hablada en dialecto y del cual solo logras entender la mitad, si acaso.

Así que diciendo que NO la acompañé a comprar los tickets y después de pedir el programa a la empleada encargada de vender las entradas al espectáculo quien muy amable me respondió que se le habían acabado, la controversia entre mi amiga y yo continuó, la joven pidiendo disculpa por entrometerse en nuestra animada discusión afirmó que ella había visto la obra, que la encontró muy divertida y bien actuada, hablada en italiano y me aseguró que no había ninguna colaboradora doméstica entre los personajes, no era una historia italiana.

Las conquistas de Norman es una deliciosa comedia recreada en una casa de campo en los alrededores de Londres y donde un pacífico fin de semana de Julio de 1973 se transforma en un conflicto de tres copias que se encuentran en medio de una "guerra" de envidia y apariencias equívocas. El comportamiento inadecuado de Norman quien corteja a sus dos cuñadas es el "epicentro" del conflicto familiar que se desarrolla en tres escenas independientes unas de otras: In giardino, Isalotto, In sala di pranzo. La trilogía de Alan Ayckbourn permite seleccionar cuales y cuantas de las tres escenas desea disfrutar el espectador sin que el orden comprometa la compresión de la obra y la comicidad de la historia.

The Kitchen Company 2008, dirigida por Massimo Chiesa, la integran jóvenes de una edad media de 25 años la mayoría graduados de la Academia de Arte Dramática Silvio d'Amico y de otras principales escuelas italianas donde han sido seleccionados, entre los convocados, más de cuarenta actores. Chiesa con 20 años de experiencia en la grande escena teatral es un productor privado, "uno de los pocos que quedan" como él mismo afirma, y ha producido más de sesenta espectáculos donde, salvo en pocas excepciones, ha preferido las obras de autores contemporáneos.

Un final "sorpresa" donde el espectador deberá descubrir si cada una de las escenas por separadas tiene el suyo o si todas son vinculadas y condicionadas entre si por un único final inesperado, unido a una magistral dirección artística y a una excelente actuación de un elenco juvenil hacen de las Conquistas de Norman y de esta Compañía, que aunque no es un proyecto experimental, una bocanada de aire fresco a un teatro italiano agonizante.